villa Ca’ Zorzi simbolo di Noventa
Villa di tipologia neo-Palladiana con ampia gradinata esterna che introduce all’ingresso principale con grande atrio che costituisce un elemento tipico dell’architettura Palladiana. Scopri di più su questa villa in vendita a Noventa di Piave
Il linguaggio Romano di questa villa neo-palladiana, in accordo con la sintassi originaria si adatta alle caratteristiche locali con l’uso della pietra e dei pavimenti policromi di tipo veneziano.
La facciata si presenta tripartita e simmetrica, al netto del corpo laterale leggermente arretrato.
La loggia interpreta correttamente il concetto, citando quello spazio conviviale per letture spettacoli e socialità.

Dal punto di vista del linguaggio si ha una tripartizione anche nell’ordine architettonico, con arcate inquadrate in due diversi ordini ionici al piano terra ed al primo piano, mentre al piano secondo troviamo arcate e porte finestre inquadrate nell’ordine dorico con proporzioni slanciate (di entrambi gli ordini).
La trabeazione e’ realizzata con una con una curvatura centrale che risolve l’uso della composizione a Serliana della loggia a secondo piano.
Il prospetto della loggia al secondo piano si distingue dagli altri attraverso la differenziazione dei sistemi binati delle colonne di ordine dorico.
Colonne e capitelli restituiscono verticalità per effetto della continuità degli elementi verticali. In questo caso la sintassi Palladiana viene reinterpretata, retrocedendo, anziché’ avanzando la campata centrale inquadrata nell’ordine.
Infatti se generalmente nell’architettura veneziana si utilizzava un atrio sviluppato su tre campate in profondità, per ottimizzare gli spazi interni generalmente vincolati da superfici ridotte, in questo caso la reinterpretazione e’ resa possibile dallo spazio molto più ampio a disposizione, permettendo cosi di integrare nel profilo della fabbrica la loggia coperta.
Il ritmo generato dalla sovrapposizione delle tre loggie e’ una chiara citazione del linguaggio veneto – palladiano che allude a sua volta all’arco trionfale adattato serialmente su tutta la facciata.
Il balcone al primo piano ed al piano nobile si estende su tutta la campata centrale, mentre il timpano conclusivo diventa curvilineo per adattarsi alla Serliana, anche questa reinterpretata con un arco a doppio centro.
Questo elemento ospita fregi scolpiti e cornicione in rilievo, sporgente e caratterizzato da una serie di mensole che ne accentuano la rilevanza del profilo.

Gli elementi laterali ed il copro di fabbrica aggiunto lateralmente, leggermente arretrato, contribuiscono a mediare la verticalità restituendo una maggiore stabilità generale e introducendo un elemento di dissimetria rispetto alla rigida schematicità palladiana.


Adiacente alla villa sorge una Barchessa, grande corpo di fabbrica a forma di “L” con splendido porticato ad archi e costituente le rimesse ed i vecchi granai. La superficie complessiva di questa sezione è di 910 mq oltre portico e terrazza.
I due edifici sono inseriti in un contesto di assoluto pregio paesaggistico costituito da un parco secolare di quasi due ettari con piante d’alto fusto, prati e siepi costituenti un giardino “all’italiana”.
l’ingresso caratterizzato dalla pavimentazione veneziana ruota attorno ad uno scalone in marmo, con larga rampa centrale che conduce al primo interpiano dal quale si diramano ai lati due scalinate che a loro volta conducono al salone di rappresentanza posto al primo piano. Ulteriori due piani fuori terra con relative zone giorno e notte ed una terrazza di copertura concludono lo sviluppo verticale.

La citazione palladiana e’ sintesi della trasmigrazione del linguaggio dei centri del rinascimento che assume declinazioni diverse a seconda dei luoghi dove si attesta; a Venezia incontra una certa resistenza resa evidente dalla reinterpretazione della Serliana e del timpano curvilineo che denunciano l’introduzione della nuova lingua architettonica espressa nel Veneto del XVI secolo.
Le grandi aperture sul prospetto frontale diventano il mezzo per rendere fruibile il rapporto tra architettura e paesaggio, ribadendo il concetto di continuità spaziale, rapporto e dialogo con il contesto tipico dell’architettura cinquecentesca.
La presenza scultorea sul timpano curvilineo richiama alla memoria la Villa Barbaro a Maser (1554) di Andrea Palladio.
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